Resistance Training Caffè Il futuro del Personal Trainer

Il futuro del Personal Trainer

Una riflessione su quale dovrebbe essere la competenza del PT in una popolazione che va per bisogno – tra aggressioni virali, cambiamenti climatici, invecchiamento delle popolazioni- verso una richiesta di maggiore consistenza scientifica di tutte le sue scelte.

Dr. Filippo Massaroni Docente a contratto Facoltà di Medicina Università “Tor vergata”. Insegnamento di Fitness Applicato.

Spesso mi viene chiesto di partecipare ad un corso per Istruttori o Personal Trainer (PT) di Resistance Training. Mi defilo sempre. Il motivo è presto detto: non condivido il programma del corso. Molto spesso alla mia richiesta mi accorgo che non c’è  programma ma un elenco di nomi che tratteranno argomenti spesso slegati tra loro. Eppure abbiamo dietro di noi una storia ormai pluri-decennale e le critiche che ci siamo scambiati sarebbero più che sufficienti per ovviare alle carenze se gli organizzatori avessero come obiettivo un corso di qualità e non un corso di quantità. La qualità è nell’interesse dei corsisti e dei loro futuri clienti, la quantità dell’organizzatore. A coloro che dovessero decidere di frequentarne uno, consiglio di non lasciarsi abbagliare dal nome famoso nel campo del BB, in questo campo vale assai poco. Può coprire un paio di ore per descrivere alcune esperienze personali. Sempre se le fa precedere dalla constatazione che è un dotato genetico. Il PT lavora sempre con mediamente dotati quando non sotto. Molto più spesso lavora con persone aventi problemi individuali che hanno bisogno di risposte certe nel senso scientifico del termine e cercano nel RT la risposta alla loro domanda. Il cliente più ostico è quello che chiede più massa muscolare quando la sua dote genetica non è da primi della classe e si porta in dote un mal di schiena cronico o qualche acciacco alle spalle e/o qualche limitazione articolare. Ovvero un problema per la corretta esecuzione degli esercizi base. Il primo obiettivo del PT sarebbe di poter lavorare su queste patologie/disfunzioni rimandando al futuro  programmi specifici per l’ipertrofia che richiedono incrementi di carichi importanti.  Ho molti amici e conoscenti che fanno il PT per mestiere. Ho mantenuto i contatti con quelli ben preparati con i quali ci scambiamo esperienze e documenti scientifici di aggiornamento. Ho notato che durante questa pandemia il numero dei loro clienti è aumentato. Questo c’era da aspettarselo se una delle conseguenze della pandemia è una maggiore attenzione alla “cura di se” che è il cuore della motivazione in chi si avvicina a questa attività. Le incertezze, le paure, la consapevolezza che il virus sia molto più deleterio con persone fragili è stato un buon motivo per alcuni d’assumere in prima persona la gestione del proprio stato di salute con una revisione dello stile di vita. Ne hanno guadagnato PT con un buon nome sul mercato. Un buon PT ha esperienza di pratica personale di diversi anni.

Per amore di questa attività e rispetto per i clienti  ha una piccola biblioteca personale dove non dovrebbero mancare: un libro di anatomia funzionale, di biomeccanica degli esercizi, dei rischi dei sovraccarichi, sul core, sui dimorfismi, sulle dis-metabolie nella popolazione, sull’alimentazione equilibrata. E dove non si dovesse trovare un libro, almeno qualche articolo. Nel computer una cartella dove accumulare articoli validi divisi per argomenti. Di tutti dovrebbe controllare la presenza di una ampia bibliografia. Dovreste conoscere agenzie di formazione di livello mondiale frequentando i loro siti. Come ACSM, NSCA, Sport Discus.  Si dirà che è molto. Se dovreste farlo come mestiere vi direi che è il minimo. Lavorate su persone, sulla loro salute, sulla loro individualità che da senso all’esistenza del Personal Trainer o se volete Formatore Personale. E’ il modo eticamente accettabile per lavorare e   consolidare il vostro business.

Un corso serio di PT di primo livello dovrebbe restringere l’accesso a Laureati in Scienze Motorie, Osteopati, Fisioterapisti, Cinesiologi  o atleti prima, istruttori di sala pesi poi con almeno di due anni di esperienza professionale.  Un’ipotesi di percorso formativo potrebbe essere quello che segue. Ci si rende conto che la differenza con corsi tenuti per via telematica o spesso nemmeno questa, è incommensurabile. Ma il PT deve saper interagire con un medico, un fisiatra, un fisioterapista. O è tra loro o è un allenatore che da ripetizioni private, senza togliere nulla a questa figura alla quale il cliente richiede una semplice maggiore attenzione.

Primo livello
Secondo livello
Terzo livello

Ormai abbiamo tutti la possibilità di comunicare per via telematica. Questo rende facile lo scambio di nozioni teoriche, ma la pratica di palestra in presenza rimane centrale e irrinunciabile. Mai il semplice diplomino s’è dimostrato inutile come in questo campo con migliaia di possessori del titolo senza clienti e le decine di professionisti che ci vivono bene. La maturazione di questa attività, il covid, le esperienze negative vissute da numerosi clienti, l’emergenza di disfunzioni da ipocinesia o stili di vita non previsti dall’evoluzione della specie umana,  indicano come necessaria per chi voglia intraprendere questa attività una approfondita revisione della propria competenza. Competenza che a volte si crede di possedere e si basa sulla lettura e consultazione di un libro che magari è un ottimo testo di anatomia funzionale ma ancora molto distante dalla competenza necessaria per svolgere professionalmente il lavoro di Personal Trainer. Dopo il Covid è stato detto che nulla sarà come prima e non al ribasso. Dovremo fare i conti con il cambiamento climatico, nuove tipologia di clienti, nuovi limiti sociali, nuovo stile di vita meno “turbo”. Dovremo essere più consapevoli. IL PT dovrà essere in prima linea in questo cambiamento.

Buon lavoro a tutti

Filippo Massaroni

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